17 ottobre 1973. La Guerra dello Yom Kippur ha visto Israele contro Siria e Egitto. I Paesi arabi decisero di chiudere i rubinetti del petrolio per chi aveva sostenuto lo Stato ebraico, cosa che fece quadruplicare il prezzo dei carburanti e precipitare l'Occidente nella più grande crisi economica mai conosciuta. Da lì poi si sono moltiplicate, dall'Ucraina alla Russia, dall'Iraq alla Libia… E la fragilità europea è sempre più evidente.
Primi mesi del 2011. Il mondo arabo è in rivolta. E, in particolare, la crisi in Libia - tra i principali esportatori in Ue - fa tremare l'Europa e porta alle stelle il prezzo della benzina. Alcuni governi europei si stanno muovendo. La Spagna, ad esempio, sta pensando di ridurre del 5% il consumo di petrolio con alcune misure pratiche: riduzione della velocità massima in autostrada a 110 km/h, sostenere il rinnovo dei pneumatici, sostegno alla risparmio energetico nelle case e diminuzione del costo dei trasporti pubblici. Va detto che la Spagna è dipendente al 77% dal carburante straniero e che questa cifra è la stessa di 30 anni fa. Sembra quindi normale iniziare una politica in questo senso.
Perché allora l'Ue non si muove? La crisi è il motore del cambiamento e questo è il momento per invertire le tendenze. Un esempio? Vitoria, capitale dei Paesi Baschi, neo-eletta "Capitale verde europea per il 2012. L'obiettivo della città è quello di ridurre del 12% i consumi energetici del 2004. Come fare? Tra le altre cose sono in programma lezioni e conferenze pubbliche per sensibilizzare il pubblico.
Pedro Picon
Europa451